La parola corpo ha, tra i suoi significati, quello di
organismo, struttura fisica. La manifestazione materiale degli esseri viventi.
Questo essere materia comporta che, a tratti, corpo e materia si identifichino
in una contrapposizione con ciò che materia non è: l’anima, la dimensione
ultraterrena, l’interiorità, insomma corpo versus spirito. Come sempre tuttavia
certe dicotomie non sono mai vere fino in fondo.
Qualche giorno fa entrando in un bar mi sono trovata davanti
una coppia con un neonato. La creatura era beatamente accomodata con la pancia sulla
spalla del padre e io che mi trovavo dietro di loro potevo vedere la sua
testina protendersi, le piccole braccia allungarsi e oscillare e la manina
chiusa a pugno cercare la bocca affamata. “Come è facile amarli quando sono
così” ho pensato guardando il tenero cucciolo umano. In effetti per ogni specie è naturale amare i
cuccioli; i loro bisogni, la mancanza di autosufficienza fanno sì che ce ne
prendiamo cura con gioia e dedizione e rispondere alle loro esigenze è
gratificante anche per noi che con semplici gesti di accudimento siamo in grado
di soddisfarli e renderli felici. Quanto è più complesso amare gli adolescenti
e gli adulti e quante volte il nostro amore ci pare inutile, infruttuoso, magari pure sprecato.
Cosa c’entra tutto questo con il corpo e con la materia? In
effetti i miei pensieri sono abbastanza confusi anche per me che li ospito (nel
mio corpo?), ma quel neonato che interagiva con lo spazio circoscritto intorno
a sé, mi stava dicendo qualcosa di ben preciso. Mi stava mostrando l’abc del
linguaggio del corpo. La comunicazione efficace di bisogni, di coscienza, o
quantomeno, di percezione ed emozione.
La vita è movimento, cambiamento di stato. Siamo vivi grazie
al nostro corpo che si muove, all’organismo che agisce, al nostro modo di relazionarci
con l’esterno. Siamo morti quando il cuore si ferma. Gli essere viventi e
animati sono per l’appunto animati dal moto, dal cambiamento. Anche l’invecchiamento
del corpo ce ne mostra, per paradossale che possa sembrare, la vitalità. Ciò che
è morto, invece, è immobile.
Nei movimenti limitati e sperimentali del neonato la ricerca
di scoperta della realtà e l’espressione di bisogni. Un’onesta esternazione del
sé. Crescendo il bambino impara a misurare gesti ed esternazioni, si
specializza e piano piano diventa più efficace ma meno vero. Cosa sarebbe il
nostro linguaggio del corpo se lo usassimo davvero per interagire con la
realtà, per esprimerci e raccontarci? E’ vero quello che dicono psicologi e
comunicatori che il corpo non mente? Io non ne sono tanto sicura. Esiste per
certo una quota di inconsapevole attitudine o mobilità che ci rivela più
puntualmente, ma per certo crescendo perdiamo il moto vitale di scoperta e
manifestazione. Tra le forme di espressione corporea forse la sessualità può
conservare ancora qualche traccia del nostro spirito che si manifesta, ma in
mezzo a tanti gesti appresi e misurati.
Foto di Vincenzo Palmieri |
Per quanto studiata e artefatta l’espressione che mi sembra
depositaria di questa naturale ricerca di azione e modifica del circostante è la
danza. Attraverso la danza il corpo interagisce con l’esterno e cerca di dare
al moto della vita un contenuto espressivo non universalmente e specificamente vero
ma simbolo di quel dialogo con l’esterno e della coesistenza di materia e
spirito in ognuno di noi. Usare il corpo per dire, per accogliere, per comunicare.
Anche l’amore è movimento e cambiamento di stato ed è
sentimento inscindibile dal corpo e che realizza di nuovo il superamento della
dicotomia corpo-spirito. Ricordiamoci di assecondare questo movimento vitale, di
accompagnare il cambiamento e protendersi sempre a dire il nostro bisogno e il
nostro bene, perché il cuore non si fermi.