sabato 5 febbraio 2022

Sesso

Si. Proprio quella parola lì. Ecco.
Perché se ne fa sempre di meno, come dimostrano i numeri sulla natalità di un paese tra i più vecchi al mondo, dove in compenso stupri e molestie sembrano non faticare a trovare attori adeguati.

Lo scorso anno mi è capitato di leggere un libro di Edoardo Lombardi Vallauri “Ancora bigotti”. Libro argomentativo e ironico, nello stile dell’autore, che ho trovato a tratti assolutamente condivisibile, a tratti decisamente forzato e irritante. Certo, argomentare e riflettere non sono sinonimi, tuttavia un saggio di taglio sociologico può anche scoprirsi fragile se alla visione si sostituisce il punto di vista. 

Di Vallauri possiedo un paio di testi di linguistica divorati con attenzione, lo apprezzo molto e anche questo testo è stimolante e assolutamente da leggere. Per questo mi scuso per la sintesi riduttiva che segue. Dopo un’iniziale analisi socio-linguistica di stereotipi e pregiudizi radicati nella nostra società, nonché veri e propri tabù, che ci vietano di affrontare direttamente argomenti della sfera sessuale, nonostante la sua assoluta naturalità, l’autore, con un singolare sillogismo, passa dall’esaltazione della sessualità come naturale e sacra espressione dell’individuo, pulsione innata e veicolo di appagamento e felicità, alla condanna della monogamia e della fedeltà come crudele e innaturale limitazione, che rende irrimediabilmente infelici.

Ovviamente sono portatrice di un punto di vista non proprio coincidente con quello di Vallauri, ma senza voler argomentare su un tema magico come la felicità né spacciare ricette o peggio trasformare il mio punto di vista in una tesi universale e, in assenza di statistiche sull’effettiva felicità procurata dalla quantità e varietà di partner sessuali rispetto alla loro qualità, mi piacerebbe condividere alcune riflessioni sull’argomento.

Partiamo dai dogmi. L’evoluzionismo, l’assoluta naturalità dell’atto sessuale e la sua piena legittimità fra adulti consenzienti. Dopo la lettura di “Ancora bigotti”, non mi sono rifugiata scandalizzata nell’Antico Testamento, ma ho fatto un ripasso sull’evoluzionismo con Richard Dawkins e “Il più grande spettacolo della terra”. Tra le informazioni interessanti che riporta il libro di Dawkins ci sono le percentuali di americani creazionisti che non credono all’evoluzionismo. Quello sì mi ha scioccata abbastanza. Poi giorni fa ho letto la percentuale di italiani che ritiene che la terra sia piatta e mi sono accorta che ormai non mi sciocca più niente, figurarsi il sesso di Vallauri. Comunque mi pareva giusto stabilire prima le coordinate perché l’evoluzionismo ovviamente non è in discussione mai nella mia riflessione.

Come la natura pone le condizioni perché le specie siano stimolate a selezionare caratteri funzionali alla loro sopravvivenza e riproduzione è indubbio che l’ambiente incide nel suo complesso in certi processi e un ambiente antropizzato e dominato dalla tecnica incide necessariamente anche su istinti atavici e innati come il desiderio sessuale e la spinta riproduttiva, ma, soprattutto, incide sull’effettiva o auspicata “ricerca della felicità”. I cavernicoli non avevano netflix e nemmeno il campionato, sicuramente non c’era la partita di calcetto, la pizza o l’aperitivo, non c’era il teatro, l’opera e nemmeno il pub, soprattutto non c’erano instagram e facebook. Diciamo che non c’era gara. Quando vediamo una coppia al ristorante che siede silenziosa ciascuno guardando il proprio smartphone, nessuno si aspetta che pagato il conto si infilino nel primo portone per fare sesso.

 Qualche giorno fa il giornale riportava il caso di un’azienda che, non vendendo più preservativi, ha riconvertito la produzione in guanti di lattice. Pare che molte persone attive sui social e nelle chat di incontri si dilettino in sexting, foto e altre amenità virtuali, ma solo raramente decidano di incontrarsi per stabilire un contatto carnale. Insomma direi che qualcosa è profondamente mutato e non credo sia colpa del Papa. Il sesso è una forma di comunicazione e di relazione e queste due categorie si sono trasferite in buona parte in rete, saturando gli spazi e restringendo di molto il campo destinato a forme di comunicazione e relazione fisica. La sopraggiunta pandemia non ha agevolato l’incontro e l’instaurazione di rapporti con altri corpi potenzialmente contagiosi, mentre le prolungate coabitazioni hanno generato tensioni anche all’interno delle coppie consolidate. 

Quanto alla specie, la sopravvivenza è messa seriamente in discussione dal suo stesso impatto ambientale e dal cambiamento climatico in atto. Quindi la “felicità” ha una correlazione sempre meno diretta con la riproduzione e sempre più con benessere e longevità. Inoltre, per giovani senza una posizione professionale stabile la riproduzione rappresenta più un rischio che un’esigenza. Spesso si trovano distanti da eventuali partner migliaia di chilometri in città dove non hanno amicizie e dove, magari, lavorano fino a tardi, così, le occasioni di incontro e “comunicazione” sono poche, mentre i social parlano la rassicurante lingua di casa e illudono con l’apparente prossimità di “amici” in realtà assai distanti.

 Ulteriore deterrente a una soddisfacente vita sessuale è rappresentato dalla sovrabbondanza di immagini di corpi e della pornografia che con la rete ha raggiunto facilmente anche i più giovani e indifesi, che hanno dovuto costruirsi una mappa non attraverso il corpo proprio e dei coetanei ma attraverso immagini a volte traumatizzanti e comunque esterne che offrono una rappresentazione forzata quando non violenta. Individualismo e isolamento aiutati dal web ci stanno portando ad atomizzare tutte le esperienze inclusa quella sessuale. Tuttavia, come opportunamente ricorda Emanuele Coccia nel suo “La filosofia della casa”: “Gli organi sessuali sono forse tra i più strani tra quelli di cui siamo dotati. Sono difatti gli unici, che presuppongono per il loro uso la presenza e l’azione di un altro soggetto”. Quindi è necessario e naturale ed evolutivo congiungersi con altri.

 Fin qui direi che siamo tutti d’accordo. Alcuni, come Vallauri, ritengono che un solo partner sia frustrante e solo nella varietà e nel ricambio si trovi la felicità e, sicuramente, sarà così nella loro esperienza. Tuttavia non ne farei una verità universale, quanto piuttosto una concezione, tipicamente maschile, forse mutuata dai conigli, magari attraverso un antenato comune. Costruire un’intimità gioiosa e curiosa e una sessualità appagante è un percorso non di rado lungo e impegnativo e la coppia è, fin dalle prime civiltà, il luogo più idoneo per percorrerlo. Con la doverosa attenzione per ogni assunto che parta dal rispetto delle inclinazioni e scelte libere degli individui, rifuggirei da facili ricette di felicità. Personalmente assegno all’esclusività sessuale un ruolo importante in una relazione amorosa, ma sono sicura, che vi siano coppie aperte, desiderose di varietà e completamente felici, che scelgono consapevolmente e in perfetta armonia di amarsi senza precludersi altre esperienze, magari solo fisiche. Finché non si fa del male a nessuno ogni scelta è legittima. Credo però non vi sia possibile felicità dove qualcuno soffre.

Materia complicata però le relazioni umane, e molto sfuggente la felicità. Quindi eviterò di dire cosa sia per me e mi limiterò a tornare sul concetto iniziale. In una civiltà nella quale la specie è minacciata solo da se stessa, la riproduzione non è un fattore che garantisca alcunché. Inoltre il desiderio atavico e naturale è inibito da mille timori causati non solo da questioni sanitarie, ma anche da un immaginario distorto dal porno, e dall’ostentazione del corpo, magari ritoccato. E’ molto facile generare ansia e timore di non essere adeguati o adeguatamente performanti. Quando mi dissero ai bambini di prima media i più grandi mostravano video porno per scioccarli, una domenica, finito il pranzo, feci una lezione di sessualità alla mia piccola undicenne. La poverina non ne aveva neanche tanta voglia, ma sono contenta di averle parlato con naturalezza di certe cose e di aver mantenuto, anche in seguito, apertura rispetto a certi temi, senza tuttavia chiedere mai niente.

Una cosa stragiusta la dice Vallari, bisogna parlarne. Questo è il vero tabù. La parola libera molto più del porno, la parola evoca immaginari personali, suscita il desiderio, da nome all’innominabile e spazio alla reciproca conoscenza. Il vero fine ultimo delle relazioni umane, e anche della sessualità.

 Alla fine, la crisi del sesso, è solo l’ennesimo esempio di una crisi di relazione e comunicazione molto più vasta e ciò non può non allarmarci. L’uomo è un animale sociale e comunicativo, l’individualismo lo rende infelice sicuramente più della monogamia. Avvicinarsi ad un'altra persona, guardarla, toccarla e scoprirla, tentare umilmente e teneramente di conoscerla. Credo che non basti non essere bigotti, credo si debba superare tante convinzioni e acquisire la serena consapevolezza che l’assoluta conoscenza di un altro individuo non la si raggiunge mai. Non si smette mai di scoprirsi, forse la “varietà” che può rendere felici è proprio questa.

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