Capita
certe volte di incontrare persone con le quali è molto facile
aprirsi e raccontarsi. Certe volte abbiamo la sensazione, e può
anche essere vera, di essere compresi o visti con maggiore chiarezza
e profondità che non, magari, da chi ci conosce da anni. Esistono in
effetti relazioni nelle quali la serratura scatta come appena oliata
e la porta si apre senza neanche cigolare. Non succede spessissimo,
ma succede, e credo sia anche facile da spiegare. Abbiamo amici e familiari che ci conoscono bene e anche molto bene, ma
hanno una chiave di accesso che non necessariamente cambia con il tempo. La conoscenza e la
consuetudine possono forgiare meccanismi a volte ripetitivi e
semi-automatici che ci interpretano sempre secondo un codice noto.
Ma
la vita è dinamismo e cambiamento e l’abitudine può essere di
ostacolo nel decifrare un nuovo codice. Ecco che la nuova conoscenza
sfrutta il vantaggio della totale assenza di pregiudizi e aspettative
e riesce con grande facilità a cogliere la mappa della chiave, a
seguirne il profilo con attenzione e a far scattare la serratura.
Tuttavia
non credo che in questi casi si possa parlare di intimità.
Foto di Paola Pannuti |
La
parola intimità ha fra i suoi significati e sinonimi “familiarità”; tra i possibili significati di quest’ultima però non figurano i
riferimenti a ciò che rimane nascosto, al corpo, alla sessualità
che invece circondano, come un alone di luce soffusa e baluginante la
parola intimità.
La
consuetudine e familiarità dei corpi rimane una chiave di accesso a
ciò che è più intimo e nascosto anche a noi stessi: le nostre
emozioni.
Quel
punto in cui il collo di Anna è più morbido e dove sprofondo la
mattina quando la sveglio, quel neo sull’orecchio che mi incanta,
la pelle di mia mamma, il modo in cui Paolo tiene tra le dita un
biscotto prima di inzupparlo nel caffè, tenersi per mano.
Esperienze fisiche che, pur
nella consuetudine del quotidiano, non perdono il loro potere di
suggestione e ci portano in zone di noi stessi che non saremmo mai
capaci di trovare altrimenti. Come una meditazione profonda passa dal
respiro così questa consapevolezza di emozioni così profonde ha
bisogno del corpo per arrivare là dove la comprensione da sola non
può.
Una
caratteristica del potere evocativo di forme, suoni, gesti è il
fatto che bellezza e imperfezione danzano insieme nel nostro
personale mistero emozionale senza soluzione di continuità,
scambiandosi ruolo e significato e regalando a piccoli difetti, a
movenze meno aggraziate l’assoluta perfezione del nostro totale
accoglimento.
E’
possibile raccontare cose anche molto intime, ed è possibile farlo
con una poesia, una canzone, un blog, una lettera o un dialogo aperto. Ma non credo si possa
avere intimità tra persone se non attraverso la familiarità
amorevole del corpo.