Ieri,
come mezzo paese, ho seguito alla televisione la finale dei mondiali
di pallavolo esultando e soffrendo con le battagliere ragazze della
nostra nazionale. Non sono una grande sportiva e solo in occasione di
grandi competizioni internazionali mi capita di seguire discipline
che non ho mai praticato direttamente e che quindi conosco in modo
superficiale. Ieri sera ho nuovamente assistito, stavolta dal vivo,
ad un incontro di pallavolo del campionato B2 dove gioca la mia cara
“piccola” Bianca. In ambedue i casi, osservare le atlete in gara
mi ha fatto pensare a come la parola attenzione possa
definirsi una sorta di concentrazione in movimento.
Derivata
dal latino
attentio a
sua volta riconducibile al verbo attendere (rivolgere
l’animo), l’attenzione
è per l’appunto un tendere verso qualcosa, un rivolgersi; implica
in sostanza un movimento, una
tensione attiva verso
una direzione.
Nei
giochi di squdra questa “disposizione” è particolarmente
evidente in quanto si realizza non solo nel seguire la palla, ma
anche le compagne, ma anche le avversarie e il campo da gioco. Questo
agire attivo si palesa anche a chi non
dovesse essere esperto dello
sport in questione.
Trovo
che attenzione
sia una parola molto
bella e che spesso pensandola
ci raffiguriamo
soggetti dediti all’ascolto o alla visione in modo apparentemente
passivo, ma la metafora del gioco aiuta molto bene a chiarire invece
come questo tendere, questo rivolgersi debba necessariamente essere
agito, consapevole e determinato.
Lo
studente che ascolta la lezione o si concentra su un testo, il
genitore che osserva e ascolta il figlio alla ricerca
del non compiutamente detto, l’amica che partecipa del nostro
dispiacere o che condivide la nostra euforia. L’attenzione è tante
cose, indica anche gentilezza, premura,
cura. Nessuno dei significati può essere mai intepretato come
passivo.
Lo
stesso verbo attendere indica applicarsi, dedicarsi a qualcosa, e
l’attesa, con la sua tensione verso
(ad)
è ben lontana da un distaccato fatalismo.
Che
il campo da gioco sia un palazzetto, un libro di testo, un’aula, una
relazione d’affetti la
scelta di attendere a quello che abbiamo davanti, l’atto di volontà
del rivolgersi in quella specifica direzione è un gesto attivo e
creativo che, solo in tale misura, può produrre il risultato atteso.
Nel
bel romanzo
di Nadia Terranova “Addio Fantasmi” la protagonista Ida racconta
così il modo in cui la madre si rivolge
a lei: “Mia madre mi guarda con amore, con rabbia, con attenzione:
mi guarda con occhi che mi fanno esistere”.