La
parola errore viene dal
latino e deriva da errare. Nel
girovagare quindi viene implicitamente individuata un’accezione
negativa che non è riconducibile al movimento in sé, ovviamente, ma
alle deviazioni rispetto alla via maestra, alla destinazione.
Trovo
che questo significato sia piuttosto
interessante e che meriti una riflessione. Come regola generale direi
che sono abbastanza d’accordo con la necessità di essere
focalizzati sul risultato da raggiungere anche perché mi ritengo
persona pragmatica. E’ abbastanza evidente che sbagliare la
coniugazione di un verbo o un’operazione matematica sono deviazioni
da una regola e da un procedimento definiti e inappellabili. La
via maestra è molto spesso un codice, scritto o quantomeno
condiviso, una convenzione o una tradizione.
Il codice, tuttavia, non può essere considerato sempre la
destinazione vera e propria, bensì uno strumento, una guida, il
sentiero tracciato che vuole fornire un ausilio nel raggiungere
obiettivi individuali e specifici.
La
vita in effetti è più complicata di un problema di geometria e il
risultato è molto meno certo, soprattutto, è diverso per ognuno di
noi e spesso è proprio in
quel girovagare che troviamo la nostra strada o il motivo per
ritornare sulla via maestra. Il viaggio costellato di “errori” di
Ulisse lo porta comunque ad Itaca ma con una conoscenza ed una
consapevolezza diverse da quelle che avrebbe avuto prendendo un volo da Troia senza scalo.
Sono
piuttosto affezionata ad alcuni miei errori. Questo non significa che
li rifarei, anzi. Sono affezionata a quelli che mi hanno insegnato
qualcosa e mi hanno fatta crescere e sono affezionata a quelli che
mi hanno portato lontana da una destinazione che, probabilmente,
non era la mia.
Sono
affezionata ai miei errori perché, soprattutto,
mi hanno insegnato che non sono perfetta. Sono rigorosa ed esigente,
ma non devo essere perfetta, ed accettare
di essere limitati può
essere un sollievo e un valido
aiuto per cercare di essere migliori.
L’esperienza
degli errori altrui è
l’aspetto che mi emoziona di più.
E’ nell’errore che ci rendiamo conto di quanto amiamo qualcuno.
Non nel momento in cui ci gratifica con i comportamenti o le parole
che ci aspettiamo ma nel momento in cui abbandona la via maestra e,
ci delude forse, ma, se
accogliamo la possibilità del limite,
ci trasporta su una nuova strada dalla quale vediamo spazi inediti
dove poter immaginare nuove vie.