Avendo parlato di bellezza in
questi giorni mi sono trovata spesso a pensare alla sua sorella triste e vana:
l’apparenza. Tante volte quest’ultima ci sembra vera bellezza però qualcosa non
quadra. L’inganno è presto svelato quando l’immagine non rimanda ad alcun oltre
da sé, non racconta una storia vera, un desiderio, una fede o un amore.
L’apparenza è paga di sé. E’ uno specchio che riflette solo l’immagine di una
forma vuota perché una fredda lamina scura impedisce di attraversare con lo
sguardo la trasparenza del vetro e guardare oltre e intorno.
Penso alle fotografie nelle quali
l’occhio di chi ci ama, un genitore, un amico, un innamorato si posa su di noi
con quell’attenzione e quella partecipazione che sola può cogliere il momento
di quello che siamo. Penso agli occhi di chi, fotografato, guarda verso un
obiettivo che in realtà sono gli occhi della cura e dell’affetto, della
curiosità e del desiderio. Certe volte sfogliando vecchi album vediamo quegli
occhi che ci guardano e riconosciamo quello sguardo solo per noi. Certe volte
ricordiamo anche i suoni, le parole, l’attimo e i mille momenti nei quali quello
sguardo è stato per noi.
Poi ci sono i selfie. Mute, solitarie e inanimate
pose, dove uno sguardo vitreo e senza interlocutore si spegne tristemente nel
nero di uno specchio e non attraversa, non conosce trasparenza e non può
liberarsi dalla prigione del proprio corpo per andare incontro a qualcuno o
qualcosa.
Anche l’esposizione di sé e il
narcisismo hanno una loro bellezza se riescono a proiettarsi ed andare oltre,
se cercano anche disperatamente l’altro e l’oltre.
Mi viene in mente la tormentata e
tenera bellezza di Marilyn Monroe su quel lenzuolo bianco davanti all’obiettivo
e allo sguardo di Douglas Kirkland e credo che nell’interazione tra quelle due
persone, nella seduzione e nel gioco la creatura bella e fragile abbia dato
qualcosa di sé e l’uomo dietro l’obiettivo abbia cercato di dare spazio e
visibilità ad un corpo ma non solo. Per contrasto l’immagine di una top model o
soubrette col telefonino davanti allo specchio del proprio bagno, per quanto
ben fatta, mi sembra possa solo apparire grigia e senza vita, senza respiro e
seduzione perché manca l’occhio dietro l’obiettivo.
In realtà quell’occhio c’è; è quello dei followers ovviamente, ma è “postumo” e
questa distanza temporale fa sì che la forma di fronte allo specchio sia tristemente
sola e il suo sguardo non possa cercare e desiderare, offrendo un immagine non
seducente ma sedicente.
La vita dell’attimo, quella che
passa negli sguardi, si spegne nel solipsismo di uno schermo freddo e nero
verso cui guarda vitreo colui che scatta il selfie ed in cui si riflette in un
attimo di solitudine collocato in un diverso tempo e in un altro spazio colui
che guarda. Il vero inganno non è photoshop
ma la distanza reale e temporale fra i due attimi e la profonda solitudine del
mancato incontro.
Anche le parole a volte, come
belle immagini, sono solo apparenza. Sarebbe troppo facile fare l’esempio della
parola “amore” che può voler dire tutto e niente, preferisco prenderne una che
uso spesso e spesso ho sentito: figlia. E’ mai possibile che questo vocabolo possa
non corrispondere ad un sentire, ad un pensare e ad un agire di cura, affetto,
responsabilità, speranza, preoccupazione, attenzione? Certo che è possibile,
basta leggere le cronache e basta pensare al nostro vissuto.
L’apparenza è prepotente e si
impossessa a volte anche della bellezza, solo negli infiniti attimi di vita
vera e di quotidiano, solo nei fatti si trova la verità, oltre l’immagine e oltre
le parole.
Sfuggire all’inganno
dell’apparenza non è sempre facile e riconoscere di vivere nell’inganno è
certamente molto doloroso. Quando ti guardi intorno e vedi pareti, finestre e
complementi d’arredo ma sai di non avere una casa, quando ti scatti un selfie e vedi uno sguardo fermo e
prigioniero di un corpo, quando guardi quel copro allo specchio cercando la
verità dell’anima, allora avvicinati alla finestra e guarda fuori. Esci in
strada e cammina e continua a cercare un segno, una risposta, bellezza e verità,
attimi di vita e occhi da interrogare.