domenica 24 giugno 2018

Canto

Oggi è San Giovanni e Firenze è più festosa del solito, ma in generale l’inizio dell’estate è accompagnato da iniziative nei vari spazi aperti in città e fuori che ci portano nelle piazze e negli anfiteatri, nei giardini e nei cortili per un film, una lettura o, magari, un concerto.

CONfusion  - Vicchio - 21/06/2018 Foto di Melania Ciampolini

Questa settimana sono uscita quasi ogni sera ed ho avuto il piacere di assistere a due concerti, uno di questi è stato il concerto del coro CONfusion nella foto, che fra le altre belle canzoni, mi ha fatto sentire ancora una volta “Bread and roses”.



Ieri in macchina cantavamo a squarciagola come facciamo spesso, questa mattina tramite facebook mi sono goduta fino in fondo il video del Late Late Show di James Corden a spasso con Paul McCartney per Liverpool, e durante la puntata odierna de La lingua batte radio3 ha trasmesso una canzone di Vecchioni che ho improvvisamente ritrovata e ricordata con enorme commozione: Euridice.

Per tutte le circostanze che ho menzionato e trascinata dal mito di Orfeo nella narrazione di Vecchioni ho pensato che avrei voluto parlare del canto e che questa parola ha, a buon diritto, un posto d’onore nel mio vocabolario solitario.

Il canto è un’espressione così naturale dell’uomo da essere presente anche in civiltà che non possiedono una lingua scritta ed una conoscenza della musica canonica. In effetti il canto appartiene in origine proprio all natura e agli uccelli. Ignoro come l’uomo abbia iniziato a modulare i suoni che emetteva e ad accompagnarli con suoni prodotti grazie ad altri strumenti (anche se la proposta avanzata da Mel Brooks ne “La pazza storia del mondo” era particolarmente spiritosa), quello che è certo è che da sempre l’uomo ha utilizzato il canto per dialogare con la natura e con gli Dei e per accompagnre ritualità sociali o di guerra. Ingraziarsi gli Dei, pregare, condividere, festeggiare, incoraggiare, spaventare, piangere. Quante storie e quante intenzioni dietro la modulazone della propria voce!

Gli odierni concerti Rock non sono forse riti collettivi? E l’inno intonato prima di un incontro di calcio, non suona quasi come un peana? Tuttora accompagnamo la preghiera con il canto, cantiamo in coro tanti auguri al festeggiato, ci mettiamo in cerchio guidati dall’amico con la chitarra.

Come Orfeo che incantava anche le pietre ed ha sfidato l’aldilà per riavere la sua Euridice, così, nel nostro piccolo, innalziamo il nostro canto, diciamo la nostra rabbia o il nostro amore, confessiamo le nostre paure, proviamo a vincere la morte, ben sapendo, come l’Orfeo di Vecchioni, di “essere lacrime nella pioggia... perché le carezze di ieri non saranno mai più quelle... ma là fuori si intravedono le stelle…”

Poi ci sono voci eterne, e ascoltando la Callas o Janis Joplin o Amy Winehouse, ci pare che davvero il suono di una voce possa vincere la morte. Ognuno di noi ha le sue personali voci eterne.

Ricordo mia mamma che cantava sulla scala mentre puliva i pendenti del lampadario di cristallo “Signorinella pallida...” e altre canzoni del dopoguerra, ricordo la mamma e anche la nonna che mi cantavano “Fate la nanna coscine di pollo”. Quante volte l’ho cantata ad Anna. Sempre me la chiedeva insieme a “La Canzone di Marinella” e a “Somewhere over the Rainbow”.

Così come abbiamo cullato i piccoli accompagnandoli senza paura nel buio della notte, anche noi facciamoci cullare dalle note di una canzone, da una voce senza tempo, dalla nostra voce che si mescola con le altre in una preghiera ininterrotta, in un inno alla vita.

Sesso