Tutti
sappiamo cosa significhi la parola prezzo. Si tratta del
corrispettivo monetario di un bene o di un servizio. Il termine
deriva dal latino pretium. Anche
nelle lingue
germaniche si trova la stessa espressione (price, Preis)…
I bei tempi andati quando in
Europa al posto dell’euro
si scambiavano i
Sesterzi. Alla caduta
dell’impero romano una delle prime monete coniate è stata il
Fiorino e, da buona campanilista, è questa la moneta che scelgo di
riportare in fotografia. L’immagine è strumentale a ricordare la
natura reale e concreta di questo corrispettivo, anche quando con
l’espressione prezzo si voglia alludere a qualcosa di astratto,
quando la si usi in senso figurato.
Quest’immagine
concreta e quantificabile misura per l’appunto il corrispettivo
pagato senza possibili incertezze (svalutazioni permettendo). Il vino
pagato coi sesterzi, coi fiorini, con le lire o gli euro potrà
essere buono, genuino,
pregiato ovvero scadente e adulterato, lo scopriremo accostando il
calice alla bocca. Tuttavia due sesterzi, tre fiorini, 8.000 lire o 5
euro sono senza dubbio quelli.
Nella nostra società, per motivi storici, economici e culturali il
prezzo e il valore si sono confusi e il corrispettivo è finito per
diventare il bene.
Ci
tengo a precisare che le mie riflessioni non vogliono essere
ovviamente un saggio economico per il quale non avrei titolo o
competenze. Quello che mi interessa indagare è, ovviamente, il
prezzo figurato, quello che paghiamo vivendo, scegliendo,
sbagliando. Ho infatti la
sensazione che anche in questo caso ci si preoccupi moltissimo del
prezzo e troppo poco del bene
e del suo valore.
Ciò
che ha scardinato la corretta ponderazione di queste categorie è,
quasi sicuramente un’ulteriore categoria che chiamo profitto, nel
caso di corrispettivo monetario, o vantaggio, in
senso figurato.
Il
profitto sappiamo tutti cosa sia, come sappiamo che
il valore del parmigiano che ci offre la grande distribuzione è più
alto del corrispettivo che ci viene richiesto di pagare.
In
questi giorni si è molto
parlato giustamente
del sotto costo e di chi
paghi il prezzo di un pomodoro a buon mercato.
La
verità è che nessuna cosa di valore è a buon mercato. La sola cosa
che ci viene regalata ogni giorno è la natura, l’ambiente, I
boschi, il mare, le stelle cadenti, le marmotte che ci salutano in
montagna. Non dobbiamo alcun corrispettivo per tutto questo ben di
Dio, è così, a disposizione. La
cosa più preziosa, non ha prezzo. Che cosa sono allora la coscienza
ambientale, l’ecologia, il rispetto della natura. Sono assunzioni
di responsabilità rispetto a qualcosa che riceviamo ed è nella
nostra disponibilità, perché il mancato rispetto e la
deresponsabilizzazione generano un “prezzo” da pagare molto molto
alto, difficile da misurare. Laddove
sembra non vi sia un prezzo ma un facile vantaggio, spesso si
nasconde il prezzo più alto.
Le
nostre scelte hanno un prezzo, le nostre azioni e anche la nostra
inazione. Siamo responsabili dei nostri comportamenti e il prezzo
comunque viene pagato, potremmo non essere noi a pagarlo, ma in
questo caso la responsabilità sulle nostre spalle è ancora
maggiore.
Cosa
ci dice se il prezzo di un
bene è giusto, in cosa si
concretizza il vantaggio che acquisiamo? La valutazione non può che
essere fatta pensando al valore del bene.
Puntare
al valore e accettarne il prezzo. Scegliere responsabilmente per il
bene più prezioso, solitamente è quello che non ha prezzo e che
paghiamo solo nel momento in cui abbiamo preferito il sotto costo e
il profitto e dimenticata la nostra responsabilità.
Orientarsi
con le scale di valori e non con le superofferte.
Oggi
mia figlia mi ha mandato la foto di un pipistrello addormentato sul
muro. Intenerita mi ha scritto: “Me
lo compri?”. Io scioccamente le ho risposto: “E’ gratis, ce
l’hai già. A chi lo paghiamo?”.
“Alla
natura”.