venerdì 29 marzo 2019

Vuoto

Seduta nella nostra cucina con la schiena dritta, questo il ricordo più vivido della nonna Anna, forse perché quello abituale, l’esperienza che facevo di lei, quasi ogni giorno. E quel gesto, che un po’ mi irritava e un po’ mi ipnotizzava: le mani poggiate sul grembo, le dita intrecciate e quell’ossessivo girare i pollici, prima in un verso e poi nell’altro. Come una sfida che da quell’angolo cresceva pacatamente assumendo le dimensioni di un turbine che smascherava un vuoto, uno spazio di non senso che ci riguardava tutti.

Qualche sera fa ero seduta sulla poltrona di un cinema e abbassando lo sguardo ho incontrato le mie mani non più giovani poggiate nel medesimo modo e i pollici si sfioravano incerti come puledri scalpitanti pronti a farsi un giro. Sono trasalita. Ho subito alzato la testa e mi sono guardata intorno, chidendomi se qualcuno poteva essersi accorto che non ero più io. Cioè lo ero, pur sempre, ma quelle rughe sulle dita e quel moto involontario mi hanno trasformata anche in altro, in mia nonna. Tuttora quel gesto mi inquieta, di più se a compierlo sono le mie mani, di più se le scopro così, sul fatto.

Non poi così difficile scovare un vuoto intorno; nella mia vita è facilissmo, non serve neanche scomodare la nonna Anna. La verità è che quello che ho trovato è più complesso ed ha a che fare con l’invecchiare, con l’esperienza, con gli strati di pelle, con le cicatrici, con i gesti appresi e anche con quelli involontari.

Il 29 marzo 1929 la nonna Anna partoriva la mia mamma.

Questa giovane donna mi guarda con naturale eleganza in un abito cucito con le sue belle mani, la pelle liscia e luminosa, la caviglia delicata, il prodigioso sorriso. Da questa foto non si possono certo indovinare i lutti, la guerra, la fame, le battaglie della bimba che è stata. Questa giovane donna ha ancora una vita davanti che non le risparmierà molto, eppure nessun turbine le ha portato via il senso e il sorriso.

Questa donna è stata tante cose che ho rifiutato e non ho voluto essere, eppure resta la mia maestra, la mia guida, il modello più nobile.

Quel sorriso mai perduto, come la pelle liscia, sono i ricordi che mi porto dentro in un pieno di senso che non ha paura di tanti vuoti. Questa ragazza non è invecchiata dentro, ha conservato la capacità di stupirsi e gioire, ha portato dentro di sé un cuore affaticato ma grandissimo ed ha lasciato un vuoto pieno di sé.

Questa ragazza mi dice che con l'età si accorcia il tempo ma cresce lo spazio e nella me che invecchia c’è posto per la ragazza, per la nonna, per la madre, per la figlia, per stupirsi, per riempire il vuoto di tutto il bene di cui sono capace e provare ogni giorno, sempre a dargli un nome.

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