Seduta nella nostra
cucina con la schiena dritta, questo il ricordo più vivido della nonna
Anna, forse perché quello abituale, l’esperienza che facevo di
lei, quasi ogni giorno. E quel gesto, che un po’ mi irritava e un
po’ mi ipnotizzava: le mani poggiate sul grembo, le dita
intrecciate e quell’ossessivo girare i pollici, prima in un verso e
poi nell’altro. Come una sfida che da quell’angolo cresceva
pacatamente assumendo le dimensioni di un turbine che smascherava un
vuoto, uno spazio di non senso che ci riguardava tutti.
Qualche sera fa ero
seduta sulla poltrona di un cinema e abbassando lo sguardo ho
incontrato le mie mani non più giovani poggiate nel medesimo modo e i pollici si sfioravano incerti come puledri scalpitanti pronti a
farsi un giro. Sono trasalita. Ho subito alzato la testa e mi sono
guardata intorno, chidendomi se qualcuno poteva essersi accorto che
non ero più io. Cioè lo ero, pur sempre, ma quelle rughe sulle dita
e quel moto involontario mi hanno trasformata anche in altro, in mia
nonna. Tuttora quel gesto mi inquieta, di più se a compierlo sono le
mie mani, di più se le scopro così, sul fatto.
Non poi così
difficile scovare un vuoto intorno; nella mia vita è facilissmo, non
serve neanche scomodare la nonna Anna. La verità è che quello che
ho trovato è più complesso ed ha a che fare con l’invecchiare,
con l’esperienza, con gli strati di pelle, con le cicatrici, con i gesti appresi e anche con quelli involontari.
Questa giovane donna
mi guarda con naturale eleganza in un abito cucito con le sue belle
mani, la pelle liscia e luminosa, la caviglia delicata, il prodigioso
sorriso. Da questa foto non si possono certo indovinare i lutti, la
guerra, la fame, le battaglie della bimba che è stata. Questa
giovane donna ha ancora una vita davanti che non le risparmierà
molto, eppure nessun turbine le ha portato via il senso e il sorriso.
Questa donna è
stata tante cose che ho rifiutato e non ho voluto essere, eppure
resta la mia maestra, la mia guida, il modello più nobile.
Quel sorriso mai
perduto, come la pelle liscia, sono i ricordi che mi porto dentro in
un pieno di senso che non ha paura di tanti vuoti. Questa ragazza non
è invecchiata dentro, ha conservato la capacità di stupirsi e
gioire, ha portato dentro di sé un cuore affaticato ma grandissimo
ed ha lasciato un vuoto pieno di sé.
Questa ragazza mi
dice che con l'età si accorcia il tempo ma cresce lo spazio e nella me che invecchia c’è posto per la ragazza, per
la nonna, per la madre, per la figlia, per stupirsi, per riempire il
vuoto di tutto il bene di cui sono capace e provare ogni giorno,
sempre a dargli un nome.
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti verranno autorizzati dal moderatore per evitare possibili pubblicazioni di contenuti non appropriati