domenica 21 gennaio 2018

Tempo

Oggi mia sorella (con me in una foto di tanti anni fa) compie gli anni e poche cose come i compleanni ci fanno pensare al trascorrere del tempo. E’ anche gennaio ed è appena iniziato un nuovo anno con i bilanci e con i progetti che ciò comporta. Poi c’è questo sogno che ho fatto stanotte, o meglio stamani, nel quale le mie emozioni più profonde hanno trovato una forma e una rappresentazione dolente e luminosa insieme. Poi ci sono le nuove rughe che ho scoperto indossando gli occhiali in bagno, che errore! Tante diverse sollecitazioni mi impongono oggi di tentare di scrivere qualcosa sul tempo. Dico tentare perché non mi sento all’altezza di un tema così grande e fondamentale che impegna pensatori, scienziati e letterati da sempre e, lo dico subito per non generare false aspettative, non ho assolutamente niente di nuovo e originale da dire al riguardo. La scrittura mi aiuta ad accendere qualche timida lucina nel mio personale caos interiore e il tempo di cui parlerò sarà quello piccolo e personale, non quello universale.

C’è stato un periodo nel quale soffrivo per non avere abbastanza tempo da dedicare alle persone alle quali volevo bene. In realtà questa cosa mi ha sempre accompagnato. Anna aveva pochi mesi quando sono tornata al lavoro e sono consapevole, e lo ero allora, che mi faceva bene tornare al lavoro e non farmi assorbire completamente ed esclusivamente dal ruolo materno, eppure ho sofferto quel distacco. Ancora più dolorose lacrime ho versato quando, con la separazione, mi sono trovata a dover stare tre giorni lontana da lei. Anche nel mio matrimonio la mancanza di tempo dedicato l’uno all’altra mi ha fatto molto soffrire. Insomma il “mio” tempo è stato per molto tempo il tempo che mi mancava, quello del desiderio.

Negli ultimi due anni mi è stato regalato un sacco di tempo e così ho il privilegio di osservarlo con attenzione questo tempo che passa. Lo vedo passare sul mio corpo - ovviamente non mi fa piacere - lo sento passare dentro di me ad ogni respiro, cerco di ascoltare quello che mi racconta, cerco di capire in quale tempo mi trovo io e cosa sia l’hic et nunc, il qui e ora per me.

Credo proprio che abbia a che fare con l’essere in armonia, in contatto con la parte più profonda di noi stessi. Questo esercizio è più facile nella solitudine e tanto più impegnativo nella relazione. Difficile ma non impossibile. A me è capitato in qualche momento raro e prezioso. Quello che nel “mio” tempo rende possibile vivere il presente è proprio la consapevolezza del passato. Il mio tempo è un tempo della memoria e la mia memoria è una memoria di tutto il corpo, una memoria viva e pulsante. In questa memoria ci sono suoni, voci, colori, odori, sensazioni tattili, emozioni, paure, rabbia, gioia, fiducia, speranza, tristezza, solitudine, la mia vita. Senza quelle particelle di memoria non esiste l’elemento tempo, non per me.

Tra pochi giorni ricorre la giornata della memoria e Liliana Segre è stata nominata senatrice. L’ho sentita alcune volte alla radio raccontare la storia della ragazza che era. Il tempo e la memoria che racconta sono quelli della Storia, eppure nella sua narrazione non manca mai la persona con emozioni e riflessioni personali.

Ieri sera ho visto al cinema l'ultimo film di Virzì "Ella e John" che, pur non essendo un capolavoro, tratta in modo tenero e delicato il tema della perdita della memoria, sempre quella personale, anche se condivisa nell'ambito della coppia e delle relazioni familiari.

Davvero credo con tutta me stessa che la perdita di memoria sia il male, la negazione assoluta dell'identità, la rinuncia ad avere un'identità. Nella condivisione del ricordo, nella testimonianza dell'altro, nei rapporti familiari e amicali che ci accompagnano nel tempo, quel presente di verità e identità che non ignora il percorso ma lo conosce, nel bene e nel male,  ci aiuta a portare il peso delle sconfitte e ci sostiene nei cambiamenti.

Lo scrivere è un’altra forma di memoria, consente di scattare fotografie alla nostra interiorità e di poterla incontrare e ritrovare. Il presente che cerco di vivere non può negare la mia storia e la mia identità, non può che contenere le mie scelte, passate e presenti. Per altri il tempo è dimenticanza e il cambiamento avviene per sostituzione. Altri ancora vivono nel futuro. Alcuni, pochi, riescono con mirabile equilibrio a tenere memoria e progetto senza mai dimenticare il presente, senza mai trascurare di vivere e dedicare ogni giorno il proprio tempo a coloro che amano e alla parte più vera e profonda di sé.

Sono ancora piccola, ma sto crescendo e da grande voglio essere così. Dal momento che qualcuno dice che il tempo non esiste, magari ci riesco.

domenica 7 gennaio 2018

Cammino

Oggi sono stata in Val d’Orcia a camminare tra calanchi, roverelle, carbonato di calcio e anidride carbonica. Mi piace camminare, mi è sempre piaciuto, ma in certi momenti particolarmente difficili della mia vita mi ha anche curato. Ricordo che, in un periodo di depressione che ebbi oltre venti anni fa, ritrovai energie e fiducia proprio andando a camminare sulle colline intorno Firenze, in quel periodo me ne andai anche in vacanza da sola al Parco dell’Uccellina e ricordo quei giorni con intensità e precisione, forse meglio di tante vacanze decisamente più emozionanti.
Oggi camminando guardavo quegli alberi con i loro rami protesi quasi a porgermi la mano, a offrirmi appoggio, una carezza, un abbraccio e mi sentivo accolta e parte di tutto ciò che mi circonda e, in ciò, meno sola. Il camminare stesso, lo spostare un piede dopo l’altro e incontrare il suolo ogni volta mi trasmetteva lo stesso benessere di quando giro scalza per casa. In bioenergetica chiamano grounding questa connessione con il suolo e le attribuiscono una fondamentale importanza per l’equilibrio e il benessere dell’individuo.
Credo proprio che quando si vive un lutto o una perdita davvero ci vengono a mancare le radici e il contatto con l’ambiente naturale ci riconsegna la nostra umanità perduta non ricostituendoci come unità integra  prima della rottura o del danno ma riconoscendoci come parte di un’unità superiore.

Di più, la terra che percorro solitamente è la mia terra, la mia Toscana, e la sento madre. Non la madre che ho perduto, ma in qualche modo madre; allo stesso modo un ramo proteso non può sostituire il sostegno e la carezza che ho perso, ma il suo abbraccio sarà sempre lì per me, non mi tradirà, non mi verrà meno.

Ecco camminare ci riconnette alle nostre radici più antiche e più durature, ci riporta tra le braccia della nostra terra e ci garantisce un pezzo di identità, quella umana, che non perdiamo mai.
Il cammino però non è solo questo, anche se sarebbe già tanto, il cammino è progressione, evoluzione, percorso. Nel cammino realizziamo quello che siamo, non a caso parliamo di cammino per indicare la nostra vita nel suo svolgersi. Pensiamo alle fiabe e all’importanza che in esse è rivestita dal cammino nello sviluppo dei personaggi, nella loro crescita e nella rappresentazione delle prove da sostenere e dei successi riportati.
Il cammino quindi rappresenta l’evoluzione e realizzazione dell’individuo. Camminando si muta e si cresce, si entra in contatto con la nostra interiorità – esistono anche delle forme di meditazione camminata.
Camminando si fanno anche incontri importanti, alcuni pericolosi o comunque ignoti e nuovi, altri destinati ad essere compagni di strada, alleati, complici. Qualche volta, se si è fortunati, si cammina anche mano nella mano e allora davvero ci si sente perfetti. Se poi dovessimo scoprire di non essere perfetti, ci saranno gli alberi a ricordarci che, comunque, siamo e che siamo umani.
Il cammino come percorso è quello che agiamo ogni giorno della nostra vita e ad ogni bivio, ad ogni scelta perfezioniamo il disegno di chi siamo, di chi vogliamo essere. Il cammino è pellegrinaggio, offerta e ricerca di sé quotidiana.
Buon cammino!


lunedì 1 gennaio 2018

Principio

Nel giorno del nuovo inizio per eccellenza vorrei provare a riflettere su cosa significhi inizio per me.
Ieri mi sono divertita a leggere gli auguri e le citazioni che circolavano sul web, parlo ovviamente dello spaccato statisticamente forse poco rilevante del mondo social che seguo e che non ha ovviamente pretesa di esaustività, due le citazioni che mi sono particolarmente piaciute:

“L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante.” (Cesare Pavese) twittata da Gianfranco Ravasi, e,

“Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso e rinnovarmi ogni giorno”. (Antonio Gramsci) twittata da Massimo Bray.

Inizio come vita, quindi, e fine come morte. Chiunque abbia esperienza reale e vissuta della fine sa quanto ciò sia vero. E’ anche vero però che la coppia principio-fine, come gioia-dolore o vita-morte o amore-odio, rappresenta solo una presunta opposizione dal momento che nessuno dei concetti significati può esistere prescindendo dal suo contrario.

Nessuna manifestazione della nostra vita e della nostra interiorità può esistere in modo statico; esperienze, comportamenti, sentimenti e pensieri fluiscono in un processo costante nel quale anima e corpo oscillano tra gli elementi delle coppie di opposti determinando, attraverso scelte di campo, la vera natura di colui che compie tali scelte.

Il principio, difatti, non è un fattore esterno ma un atto generativo, un processo, una scelta. Il fatto che oggi sia il primo gennaio e che ieri sera io abbia gettato una cosa vecchia o che indossi una cosa nuova non fanno di per sé principiare un bel niente, però sono utili simboli e i simboli, come le fiabe per i bambini, ci aiutano ad orientarci.

Per essere più precisi, il principio non è un atto generativo ma l’atto generativo assoluto. Con questa parola si inizia la Genesi “in principio Dio creò il cielo e la terra”, con questa parola, nel Vangelo di Giovanni, si definisce la natura di Gesù, la cui nascita abbiamo festeggiato da pochi giorni “in principio era il Verbo”. Il principio delle scritture è quindi origine e creazione.
Prologo di Giovanni (Papiro Bodmer II - Ginevra)


Ho trattenuto queste due citazioni proprio per il principio creativo che contengono, per l’elemento di scelta che presuppongono, per la dimensione etica che ci portano. Non a caso la parola principio ha, tra i suoi significati, quella legge morale kantiana, la convinzione profonda, la norma che guida e determina i comportamenti umani.
E da dove possiamo iniziare se non dai nostri princìpi?

Sesso