domenica 21 ottobre 2018

Attenzione

Ieri, come mezzo paese, ho seguito alla televisione la finale dei mondiali di pallavolo esultando e soffrendo con le battagliere ragazze della nostra nazionale. Non sono una grande sportiva e solo in occasione di grandi competizioni internazionali mi capita di seguire discipline che non ho mai praticato direttamente e che quindi conosco in modo superficiale. Ieri sera ho nuovamente assistito, stavolta dal vivo, ad un incontro di pallavolo del campionato B2 dove gioca la mia cara “piccola” Bianca. In ambedue i casi, osservare le atlete in gara mi ha fatto pensare a come la parola attenzione possa definirsi una sorta di concentrazione in movimento.

Derivata dal latino attentio a sua volta riconducibile al verbo attendere (rivolgere l’animo), l’attenzione è per l’appunto un tendere verso qualcosa, un rivolgersi; implica in sostanza un movimento, una tensione attiva verso una direzione.

Nei giochi di squdra questa “disposizione” è particolarmente evidente in quanto si realizza non solo nel seguire la palla, ma anche le compagne, ma anche le avversarie e il campo da gioco. Questo agire attivo si palesa anche a chi non dovesse essere esperto dello sport in questione.

Trovo che attenzione sia una parola molto bella e che spesso pensandola ci raffiguriamo soggetti dediti all’ascolto o alla visione in modo apparentemente passivo, ma la metafora del gioco aiuta molto bene a chiarire invece come questo tendere, questo rivolgersi debba necessariamente essere agito, consapevole e determinato.


Lo studente che ascolta la lezione o si concentra su un testo, il genitore che osserva e ascolta il figlio alla ricerca del non compiutamente detto, l’amica che partecipa del nostro dispiacere o che condivide la nostra euforia. L’attenzione è tante cose, indica anche gentilezza, premura, cura. Nessuno dei significati può essere mai intepretato come passivo.

Lo stesso verbo attendere indica applicarsi, dedicarsi a qualcosa, e l’attesa, con la sua tensione verso (ad) è ben lontana da un distaccato fatalismo.

Che il campo da gioco sia un palazzetto, un libro di testo, un’aula, una relazione d’affetti la scelta di attendere a quello che abbiamo davanti, l’atto di volontà del rivolgersi in quella specifica direzione è un gesto attivo e creativo che, solo in tale misura, può produrre il risultato atteso.

Nel bel romanzo di Nadia Terranova “Addio Fantasmi” la protagonista Ida racconta così il modo in cui la madre si rivolge a lei: “Mia madre mi guarda con amore, con rabbia, con attenzione: mi guarda con occhi che mi fanno esistere”.


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