Oggi sono stata in Val d’Orcia a
camminare tra calanchi, roverelle, carbonato di calcio e anidride carbonica. Mi
piace camminare, mi è sempre piaciuto, ma in certi momenti particolarmente
difficili della mia vita mi ha anche curato. Ricordo che, in un periodo di
depressione che ebbi oltre venti anni fa, ritrovai energie e fiducia proprio
andando a camminare sulle colline intorno Firenze, in quel periodo me ne andai
anche in vacanza da sola al Parco dell’Uccellina e ricordo quei giorni con
intensità e precisione, forse meglio di tante vacanze decisamente più
emozionanti.
Oggi camminando guardavo quegli
alberi con i loro rami protesi quasi a porgermi la mano, a offrirmi appoggio,
una carezza, un abbraccio e mi sentivo accolta e parte di tutto ciò che mi
circonda e, in ciò, meno sola. Il camminare stesso, lo spostare un piede dopo l’altro
e incontrare il suolo ogni volta mi trasmetteva lo stesso benessere di quando
giro scalza per casa. In bioenergetica chiamano grounding questa connessione con il suolo e le attribuiscono una
fondamentale importanza per l’equilibrio e il benessere dell’individuo.
Credo proprio che quando si vive
un lutto o una perdita davvero ci vengono a mancare le radici e il contatto con
l’ambiente naturale ci riconsegna la nostra umanità perduta non ricostituendoci
come unità integra prima della rottura o
del danno ma riconoscendoci come parte di un’unità superiore.
Di più, la terra che percorro
solitamente è la mia terra, la mia Toscana, e la sento madre. Non la madre che
ho perduto, ma in qualche modo madre; allo stesso modo un ramo proteso non può
sostituire il sostegno e la carezza che ho perso, ma il suo abbraccio sarà
sempre lì per me, non mi tradirà, non mi verrà meno.
Ecco camminare ci riconnette alle
nostre radici più antiche e più durature, ci riporta tra le braccia della
nostra terra e ci garantisce un pezzo di identità, quella umana, che non
perdiamo mai.
Il cammino però non è solo
questo, anche se sarebbe già tanto, il cammino è progressione, evoluzione,
percorso. Nel cammino realizziamo quello che siamo, non a caso parliamo di
cammino per indicare la nostra vita nel suo svolgersi. Pensiamo alle fiabe e
all’importanza che in esse è rivestita dal cammino nello sviluppo dei
personaggi, nella loro crescita e nella rappresentazione delle prove da
sostenere e dei successi riportati.
Il cammino quindi rappresenta l’evoluzione
e realizzazione dell’individuo. Camminando si muta e si cresce, si entra in
contatto con la nostra interiorità – esistono anche delle forme di meditazione
camminata.
Camminando si fanno anche
incontri importanti, alcuni pericolosi o comunque ignoti e nuovi, altri
destinati ad essere compagni di strada, alleati, complici. Qualche volta, se si
è fortunati, si cammina anche mano nella mano e allora davvero ci si sente
perfetti. Se poi dovessimo scoprire di non essere perfetti, ci saranno gli alberi
a ricordarci che, comunque, siamo e che siamo umani.
Il cammino come percorso è quello
che agiamo ogni giorno della nostra vita e ad ogni bivio, ad ogni scelta
perfezioniamo il disegno di chi siamo, di chi vogliamo essere. Il cammino è
pellegrinaggio, offerta e ricerca di sé quotidiana.
Buon cammino!
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