Oggi non è stata propriamente una
bella giornata, anche se questa mattina era iniziata bene con quel bel raggio (lat.
radius) di sole che mi ha portata
fuori… Ma non volevo parlare delle mie disavventure, volevo parlare di qualcosa
che mi fa stare bene ormai da tanti e tanti anni: la radio.
Non
una qualsiasi, una in particolare, radio3. Non ricordo neanche come ho
iniziato, se in auto o a casa, sta di fatto che in poco tempo è diventata la
mia compagna più fidata. Al mattino prima di uscire mi sentivo la rassegna
stampa estera e poi Prima Pagina. Al mio
ritorno riuscivo ad ascoltare magari la chiusura di Fahrenheit e Hollywood Party,
trasmissione dedicata al cinema. Altra mia storica passione.
Radio Days |
Tanti i film che raccontano
la radio da Radio Days di Woody Allen
a Radio America di Robert Altman, ma
tanti anche i film dove la radio è uno dei personaggi anche se non il protagonista,
come nella mia vita, penso al romantico Sleepless
in Seattle di Nora Ephron con Tom Hanks e Meg Ryan.
Ascoltare è qualcosa che non
facciamo mai abbastanza e la radio ci abitua a farlo. In quella disposizione di
attenzione partecipata che non ci immobilizza come davanti alla TV ma ci
consente di cucinare, stirare, sfaccendare, starsene distesi sul divano con un
libro o un giornale, guidare; insomma non interrompe la nostra vita ma si insinua
in essa, la integra, vi prende parte. Così conduttori, giornalisti e ospiti più
o meno illustri vengono a trovarmi e mi fanno compagnia, come un’amica che
siede in cucina con me mentre preparo la cena e nella narrazione o nella
dialettica di un confronto trovo la porta d’accesso a qualcosa che va oltre il
mio quotidiano, al punto di vista su cui riflettere, al libro che magari potrei
leggere, alla sinfonia o al musicista che non conoscevo. Come in un viaggio,
attraverso con l’ascolto terre lontane e, come in ogni vero viaggio, al mio
ritorno il bagaglio è molto più carico di quando sono partita.
Davvero tante le cose che ho
imparato ascoltando la radio, tanti gli scrittori e i musicisti scoperti,
proprio come succede con i suggerimenti degli amici, tanti i momenti di
emozione, commozione, divertimento, come con gli amici. Ricordo ad esempio
Mario Martone che raccontava il suo incontro con Patty Smith e di come si fosse
impossessato di un suo anello confessando solo anni dopo il suo “furto”,
ricordo i Castelli in Aria di Edoardo Lombardi Vallauri o Paolo Poli
che leggeva il libro Cuore, o Massimo
Cacciari che commentando il canto di Paolo e Francesca illustrava il pensiero
di Dante su amore e ragione e, tuttavia, la sua profonda commozione di fronte alla
passione degli amanti. Ricordo i meravigliosi radiodrammi del Teatrogiornale, o le fiabe di Ascanio
Celestini a Centolire, ricordo Le oche di Lorenz la sola trasmissione
scientifica che sia mai riuscita ad ascoltare. Non posso certo ripercorrere
tutto il palinsesto RAI di circa trent’anni di vita insieme a radio3, però ci
tenevo a citare alcune trasmissioni che mi hanno accompagnato, e con me la mia
famiglia, in questi lunghi anni. Il sabato e la domenica in casa mia la radio
resta accesa anche tutto il giorno e in questo preciso momento sta iniziando Il cinema alla radio.
La musica ovviamente è uno degli
ingredienti costanti della trasmissione radiofonica di radio3. Quando posso
ascolto Seigradi, File Urbani, Battiti e Ritorno
di Fiamma, se sono a casa, sempre I
Concerti del Quirinale. Con Paolo abbiamo anche assistito dal vivo ad uno
di questi nella Cappella Paolina in un bellissimo weekend romano.
La Guerra dei Mondi |
In una domenica iniziata
parecchio male le voci familiari della radio si sono aggiunte a quelle care
degli affetti e mi hanno dato sostegno. La loro discreta presenza ha abitato
questa casa con me, nella mia realtà e nella mia verità di oggi, anche
difficile. Proprio questo integrarsi nella realtà e questo ascolto partecipato
e attivo conferiscono verità all’evento radiofonico.
Basta pensare a quello che
successe nel 1938 quando Orson Welles mandò in onda la trasmissione su “la
Guerra dei Mondi” di H.G. Wells.
Come noto, alcuni ascoltatori presero per vera
la rappresentazione e credettero all’invasione degli alieni; praticamente la
madre di tutte le fake news!
Questo raggio di sole
elettromagnetico vale per me mille domeniche di bel tempo. Adesso vado a
preparare la cena, come sempre, radio-attiva.
E’ interessante come al parola “radio” assuma significati diversi, ma tutti legati a qualcosa che esiste, ma non si percepisce direttamente e di cui possiamo solo avvertire gli effetti.
RispondiEliminaSegnali radio, intesi come onde elettromagnetiche: nell’immaginario “vediamo” una onda sinusoidale, che viaggia nello spazio, ma perfettamente invisibile e capace di superare quasi qualsiasi ostacolo. È anche per definizione la ricezione dei programmi radiofonici. Ci si riferisce alla “fonia”. Si perché la televisione che pure usa segnali radio, riguarda appunto la “visione” e la cosa è molto differente. Ma la radio gode di un vantaggio rispetto alla televisione: richiede immaginazione (....nulla di nuovo), nel senso che mette in moto quella facoltà innata di interpretare per creare quello che manca (trovo sia impressionante). La sola voce non ci dà il quadro della situazione effettiva ma l’immaginazione ci fornisce tutte le informazioni che mancano: volti, situazioni, ambientazioni. Il suono crea l’immagine e quello che vediamo e assolutamente personale e attinge alle nostre esperienze consce e inconsce. Ancora una volta la parola “radio” è accostata a qualcosa che non si vede. Questo è un esercizio che stimola la nostra capacità di mettere insieme sensazioni molto diverse. In una parola sollecita la creatività: condizioni e situazioni complesse sono create partendo da esperienze di tutti i tipi.
In fondo non è questo che ci da il dominio (effimero) sulla natura e ci affranca dalle mere leggi naturali della evoluzione che invece vincola strettamente gli altri esseri viventi?
La caratteristica di invisibilità della parola “radio” suscita però anche un timore e una diffidenza atavica. L’equazione è semplice e ben nota: se è invisibile è pericolosa. Quindi le antenne, che trasmettono ma non si vede cosa, i forni a microonde (be’ le microonde non sono propriamente onde radio, ma lasciamo perdere) scaldano, ma non si vede come. E poi il male supremo, la radioattività, silenziosa, malvagia e dannosa senza appello. E qui si apre un universo che non voglio indagare.
Concludendo, tornando alla radio(fonia), potrei dire che è il trionfo della parola. E cosa ci distingue più di ogni altra cosa dagli altri esseri sulla Terra? La parola! Che per complessità ampiamente surclassa l’immagine.
Walter, che bella la tua riflessione! La sposo completamente e il rilevo che dai all'immaginazione e alla potenza creativa che ci regala ciò che non è visibile mi ricorda che anche la realtà visibile spesso ha bisogno di essere immaginata per poter essere creata. In principio era il verbo...
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