domenica 4 febbraio 2018

Radio


Oggi non è stata propriamente una bella giornata, anche se questa mattina era iniziata bene con quel bel raggio (lat. radius) di sole che mi ha portata fuori… Ma non volevo parlare delle mie disavventure, volevo parlare di qualcosa che mi fa stare bene ormai da tanti e tanti anni: la radio.
Non una qualsiasi, una in particolare, radio3. Non ricordo neanche come ho iniziato, se in auto o a casa, sta di fatto che in poco tempo è diventata la mia compagna più fidata. Al mattino prima di uscire mi sentivo la rassegna stampa estera e poi Prima Pagina. Al mio ritorno riuscivo ad ascoltare magari la chiusura di Fahrenheit e Hollywood Party, trasmissione dedicata al cinema. Altra mia storica passione. 
Radio Days
Tanti i film che raccontano la radio da Radio Days di Woody Allen a Radio America di Robert Altman, ma tanti anche i film dove la radio è uno dei personaggi anche se non il protagonista, come nella mia vita, penso al romantico Sleepless in Seattle di Nora Ephron con Tom Hanks e Meg Ryan.
Ascoltare è qualcosa che non facciamo mai abbastanza e la radio ci abitua a farlo. In quella disposizione di attenzione partecipata che non ci immobilizza come davanti alla TV ma ci consente di cucinare, stirare, sfaccendare, starsene distesi sul divano con un libro o un giornale, guidare; insomma non interrompe la nostra vita ma si insinua in essa, la integra, vi prende parte. Così conduttori, giornalisti e ospiti più o meno illustri vengono a trovarmi e mi fanno compagnia, come un’amica che siede in cucina con me mentre preparo la cena e nella narrazione o nella dialettica di un confronto trovo la porta d’accesso a qualcosa che va oltre il mio quotidiano, al punto di vista su cui riflettere, al libro che magari potrei leggere, alla sinfonia o al musicista che non conoscevo. Come in un viaggio, attraverso con l’ascolto terre lontane e, come in ogni vero viaggio, al mio ritorno il bagaglio è molto più carico di quando sono partita.
Davvero tante le cose che ho imparato ascoltando la radio, tanti gli scrittori e i musicisti scoperti, proprio come succede con i suggerimenti degli amici, tanti i momenti di emozione, commozione, divertimento, come con gli amici. Ricordo ad esempio Mario Martone che raccontava il suo incontro con Patty Smith e di come si fosse impossessato di un suo anello confessando solo anni dopo il suo “furto”, ricordo i Castelli in Aria di Edoardo Lombardi Vallauri o Paolo Poli che leggeva il libro Cuore, o Massimo Cacciari che commentando il canto di Paolo e Francesca illustrava il pensiero di Dante su amore e ragione e, tuttavia, la sua profonda commozione di fronte alla passione degli amanti. Ricordo i meravigliosi radiodrammi del Teatrogiornale, o le fiabe di Ascanio Celestini a Centolire, ricordo Le oche di Lorenz la sola trasmissione scientifica che sia mai riuscita ad ascoltare. Non posso certo ripercorrere tutto il palinsesto RAI di circa trent’anni di vita insieme a radio3, però ci tenevo a citare alcune trasmissioni che mi hanno accompagnato, e con me la mia famiglia, in questi lunghi anni. Il sabato e la domenica in casa mia la radio resta accesa anche tutto il giorno e in questo preciso momento sta iniziando Il cinema alla radio.
La musica ovviamente è uno degli ingredienti costanti della trasmissione radiofonica di radio3. Quando posso ascolto Seigradi, File Urbani, Battiti e Ritorno di Fiamma, se sono a casa, sempre I Concerti del Quirinale. Con Paolo abbiamo anche assistito dal vivo ad uno di questi nella Cappella Paolina in un bellissimo weekend romano.

La Guerra dei Mondi
In una domenica iniziata parecchio male le voci familiari della radio si sono aggiunte a quelle care degli affetti e mi hanno dato sostegno. La loro discreta presenza ha abitato questa casa con me, nella mia realtà e nella mia verità di oggi, anche difficile. Proprio questo integrarsi nella realtà e questo ascolto partecipato e attivo conferiscono verità all’evento radiofonico.
 Basta pensare a quello che successe nel 1938 quando Orson Welles mandò in onda la trasmissione su “la Guerra dei Mondi” di H.G. Wells.

Come noto, alcuni ascoltatori presero per vera la rappresentazione e credettero all’invasione degli alieni; praticamente la madre di tutte le fake news!

Questo raggio di sole elettromagnetico vale per me mille domeniche di bel tempo. Adesso vado a preparare la cena, come sempre, radio-attiva.


2 commenti:

  1. E’ interessante come al parola “radio” assuma significati diversi, ma tutti legati a qualcosa che esiste, ma non si percepisce direttamente e di cui possiamo solo avvertire gli effetti.
    Segnali radio, intesi come onde elettromagnetiche: nell’immaginario “vediamo” una onda sinusoidale, che viaggia nello spazio, ma perfettamente invisibile e capace di superare quasi qualsiasi ostacolo. È anche per definizione la ricezione dei programmi radiofonici. Ci si riferisce alla “fonia”. Si perché la televisione che pure usa segnali radio, riguarda appunto la “visione” e la cosa è molto differente. Ma la radio gode di un vantaggio rispetto alla televisione: richiede immaginazione (....nulla di nuovo), nel senso che mette in moto quella facoltà innata di interpretare per creare quello che manca (trovo sia impressionante). La sola voce non ci dà il quadro della situazione effettiva ma l’immaginazione ci fornisce tutte le informazioni che mancano: volti, situazioni, ambientazioni. Il suono crea l’immagine e quello che vediamo e assolutamente personale e attinge alle nostre esperienze consce e inconsce. Ancora una volta la parola “radio” è accostata a qualcosa che non si vede. Questo è un esercizio che stimola la nostra capacità di mettere insieme sensazioni molto diverse. In una parola sollecita la creatività: condizioni e situazioni complesse sono create partendo da esperienze di tutti i tipi.
    In fondo non è questo che ci da il dominio (effimero) sulla natura e ci affranca dalle mere leggi naturali della evoluzione che invece vincola strettamente gli altri esseri viventi?
    La caratteristica di invisibilità della parola “radio” suscita però anche un timore e una diffidenza atavica. L’equazione è semplice e ben nota: se è invisibile è pericolosa. Quindi le antenne, che trasmettono ma non si vede cosa, i forni a microonde (be’ le microonde non sono propriamente onde radio, ma lasciamo perdere) scaldano, ma non si vede come. E poi il male supremo, la radioattività, silenziosa, malvagia e dannosa senza appello. E qui si apre un universo che non voglio indagare.

    Concludendo, tornando alla radio(fonia), potrei dire che è il trionfo della parola. E cosa ci distingue più di ogni altra cosa dagli altri esseri sulla Terra? La parola! Che per complessità ampiamente surclassa l’immagine.

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    1. Walter, che bella la tua riflessione! La sposo completamente e il rilevo che dai all'immaginazione e alla potenza creativa che ci regala ciò che non è visibile mi ricorda che anche la realtà visibile spesso ha bisogno di essere immaginata per poter essere creata. In principio era il verbo...

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