Foto mia |
Al
mare giugno è il mese dei bambini; si sa. Appena chiuse le scuole si
riversano sulle spiagge. Un mercoledì di fine giugno, passeggiando
sulla battigia questo banale luogo comune acquista una sostanza fatti
di corpicini che si spostano incerti e traballanti con secchielli,
braccioli e palette o che ciondolano intorno all’ombrellone
vagamente annoiati, occhieggiando i vicini. Una volta fuori dal mondo
perfettamente organizzato e tecnologico nel quale hanno un ruolo
chiaro e ben definito e del quale conoscono perfettamente la
coreografia, i bimbi mostrano qualche incertezza di fronte alla
distesa d’acqua senza fine che si trovano davanti e a quel tempo
non scandito e vincolato. Come se non sapessero cosa farsene. I veri
protagonisti sono i nonni. Certo; perché la maggior parte di questi
bimbi “in ferie” è affidata alle cure amorevoli dei nonni.
Un
bambino aggrappato alla schiena della nonna spenzola nell’acqua come un’esca mentre l’agile e corpulenta
signora con i capelli corti e scuri di tinta si muove nell'acqua provando a dare lezioni di nuoto: “Ecco, qui non si tocca. Muovi le gambe, ma tieniti! Quando è più bassa te lo dico e provi staccarti”.
Come
incantato il nipotino le fissa la schiena, tenendosi forte, senza
fare il minimo movimento. “Ma sei tutta sudata!” “Macché
sudata! Sono bagnata!”.
Mi
allontano nuotando dalla scena, divertita e al tempo stesso stupita
di come la realtà materica possa sfuggire a queste creature per le
quali può essere misteriosa come per me il Bosone di Higgs.
E
così camminando mi scopro a guardare quei corpi maturi, come una
sorta di ultimo baluardo della realtà fisica e della forza dei
sentimenti più profondi. Disteso sul bagnasciuga, immobile come un
salodato di guardia, un nonno si lascia ricoprire di sabbia bagnata
versata da un secchiello minuscolo in uno stillicidio che potrebbe
durare ore. Imperturbabile col cappellino da sole, offre così il
proprio corpo in sacrificio alla piccola nipotina addetta alla
colata.
Mano
nella mano una coppia in età decisamente avanzata mi cammina
davanti, il passo lento e attento, le mani intrecciate, una meta da
raggiungere.
E
quante signore attempate, di buon passo, con abbastanza primavere da
sapere che ogni estate potrebbe essere l’ultima, esporre così il
corpo nudo alla brezza marina, sentire la sabbia sotto i piedi, il
rumore della risacca, guardare il bagnasciuga che trascolora e riluce
ad ogni onda.
Ho
prenotato una camera con la terrazza che affaccia sul mare. Solo due
notti per noi due, solo tre giorni insieme alla mia piccola donna che
alle volte mi sembra un po’ marziana, quando mi parla di tatuaggi e
musica trap, ancora di più quando inaspettatamente mi legge a voce
alta la città invisibile di Calvino che ha il mio nome. E io le
leggo Tolstoi e le cito il Principe Nicola Andrèievic Bolkonski che
dice alla figlia “La scioccheria ti uscirà dal capo” e ridiamo,
ridiamo insieme e insieme ridiamo dello chef nervosetto che al ristorante mi sbriciola pane sulle
pietanze e si offende se non le mangio, ridiamo facendoci una foto.
La
comunione con un altro individuo non può mai essere assoluta e
scontata. Ci avviciniamo per vie misteriose e ci sentiamo lontani, a
volte irrimediabilmente. Come l’onda che lambisce e illumina un
lembo di spiaggia per poi ritrarsi lasciandolo più scuro, così la
comunione viene e va. Ritorna coi gesti d’amore, con le scelte
quotidiane; immobili sepolti sotto la sabbia, al largo con una
creatura che specchiandosi nelle gocce scintillanti sulla tua schiena
imparerà a nuotare, tenedosi per mano, sempre più stretti quando il
passo si fa più incerto.
Estate.
Vento sulla pelle, sabbia sotto i piedi. Guardarsi allo specchio con
affettuosa indulgenza e assaporare i frutti succosi e maturi della
stagione. Avere la fortuna di amare e saperlo, mentre guardiamo dormire chi
si ama, con il cuore che sembra scoppiare. Estate è pienezza di vita
e verità sotto il sole.
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